domenica 4 aprile 2010

“Movimento per l’alternativa al nucleare”


"Anche se la sicurezza delle centrali nucleari fosse ragionevolmente garantita
– sul che vi sono seri dubbi –
resterebbero sempre non risolti, in fatto di sicurezza,
i problemi del trasporto dei materiali fissili
e quelli della conservazione nei secoli delle scorie radioattive.
In un Paese come il nostro, con un territorio in gran parte
idrogeologicamente dissestato e congestionato di inquinamenti
e per di più fitto di insediamenti urbani e costellato di tesori storici, artistici e paesistici,
è il ciclo nucleare nel suo insieme che presenta rischi e pericoli inaccettabili





Siamo persone impegnate in associazioni, gruppi, movimenti, sindacati, partiti.
Ci occupiamo di ambiente, di lavoro, di diritti, di occupazione, di risorse, di alimentazione, di nonviolenza, di pace.
Alcuni di noi sono stati attivi nel movimento contro il nucleare che ha portato nel 1987 al referendum che decretò il NO al nucleare in Italia.
Pensiamo che si stia abusando troppo delle risorse e della natura.
Crediamo che lo sviluppo come sino ad oggi pensato ed attuato, solo e sempre quantitativo abbia già da tempo depredato e sprecato più di quanto gli fosse consentito e più di quanto gli fosse necessario.
Crediamo che l’accumulo capitalistico, globalizzato e neoliberista abbia già fin troppo distinto tra chi può (tutto) e chi deve (tutto), tra chi ha troppo e chi ha niente.
Crediamo nel diritto ad alimenti naturali e sicuri, non geneticamente modificati, non chimicamente alterati e crediamo nella sovranità alimentare.
Crediamo nella pace: bene e ricchezza per tutti i popoli.
Crediamo che l’acqua, l’energia, siano beni comuni dell’umanità e che tutte e tutti debbano averne il diritto all’accesso.


In Africa il 73% delle terre coltivate è a rischio desertificazione, e in Italia il 21% del territorio nazionale è esposto alla stessa sorte (soprattutto Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna).
Sono circa un miliardo le persone colpite dalla siccità in oltre cento Paesi nel mondo.
Si calcola che da qui al 2020, oltre 60 milioni di persone potrebbero migrare dalle zone desertiche dell’Africa sub-sahariana verso il nord-Africa e l’Europa.

Nel mondo una persona su quattro, 1.6 miliardi di persone, vive ancora senza accesso all’energia elettrica.
Un miliardo e mezzo di persone nel mondo non ha accesso all’acqua potabile. Trentamila persone muoiono ogni giorno per malattie legate alla mancanza d’acqua potabile, 16.000 di queste sono bambini sotto i dodici anni.
La spesa militare mondiale ammonta a 1.400 miliardi di dollari.
La crisi finanziaria rischia di avere un ulteriore effetto negativo per i poveri del mondo che non hanno ancora accesso alla luce e all'energia elettrica oppure che non possono più permettersi di pagarla. La risposta non sono certo le grandi opere o la scelta di ritorno al nucleare che, oltre a non rispondere alle priorità, sono scelte distruttive per l’ambiente e per le persone.
Le radici della crisi climatica si trovano nell’eccessivo consumo delle risorse energetiche, nell'eccessivo consumo delle risorse naturali da parte del Nord del pianeta e delle elite di tutto il mondo, nei metodi di produzione che danneggiano e che implicano enormi sprechi e in una gestione delle risorse naturali fondamentalmente non-democratica, iniqua e anti-sociale, che ha impedito sistematicamente alle comunità locali di esercitare la propria sovranità sulle proprie risorse e sulle scelte di sviluppo che le riguardano.
Il 22 maggio 2008 un ministro del IV governo Berlusconi ha annunciato, davanti all'assemblea della Confindustria, che il governo italiano prevede la costruzione "di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione" capaci di "produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell'ambiente", la cui "prima pietra" dovrebbe essere posta entro il 2013.
Più recentemente è stato dichiarato che i siti per l’installazione delle centrali sono già stati individuati.

Siamo contrari alla decisione di ritorno al nucleare e diciamo perché:
L'energia elettrica ottenuta per via nucleare non è né economica, né pulita, né sicura:
a) l’uranio non è una risorsa né rinnovabile né sostenibile, limitata nelle quantità e nel tempo, molto costosa;
b) non è affatto senza emissione di CO2, perché, in realtà, se ne produce una quantità rilevante per l’estrazione del combustibile, per la costruzione della centrale e per il suo smantellamento;
c) malgrado i costi elevati, economici e ambientali, gli impianti nucleari di tutto il mondo forniscono una minima parte dell’energia necessaria. Dopo 50 anni, tutte le centrali del mondo forniscono appena il 6,5% del fabbisogno totale.
Le valutazioni della presunta convenienza economica sono state fatte sulla base di costi degli impianti non aggiornati che non tengono conto delle spese necessarie per lo smantellamento finale delle centrali e per la custodia e lo smaltimento dei residui radioattivi derivanti dal loro funzionamento.
La scelta nucleare proposta condanna ugualmente l’Italia ad una dipendenza, inevitabile in ogni grande processo produttivo, da capitali stranieri e da brevetti, forniture e tecnologia, detenuti da pochi gruppi monopolistici, con tutte le conseguenze politiche che ne derivano.
La scelta nucleare comporta la concentrazione della produzione elettrica in pochi mega impianti che stravolgono pesantemente le aree interessate sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo della sicurezza, rendendone quasi inevitabile, per questo ultimo aspetto, la militarizzazione. Al contrario noi siamo per un modo di produzione dell’energia elettrica decentrato e diffuso sul territorio, che sia consapevole e rispettoso delle esigenze delle comunità e dell’ambiente in cui si sviluppa.
La scelta nucleare implica rischi di incidenti catastrofici di portata e scala imprevedibili, che possono essere determinati anche da sabotaggi: variazioni climatiche e alterazioni agli ecosistemi naturali, che possono derivare dal grave inquinamento termico
La scelta del nucleare porta con sé la produzione di crescenti quantità di sottoprodotti radioattivi altamente pericolosi e difficilmente conservabili in maniera sicura. Alcuni di questi sottoprodotti radioattivi costituiscono inoltre la materia prima per la costruzione delle bombe atomiche, cosicché la scelta nucleare contribuisce alla diffusione degli armamenti e alla instabilità internazionale contraria agli interessi della pace.
L’opzione nucleare è intrinsecamente rigida sia nella fase di programmazione che di produzione: gli ingenti impegni finanziari ed i tempi di messa in opera vincolano a proseguire il programma anche in caso di mutamenti del contesto socio-economico, obbligano all’uso dell’elettricità, anche se non necessario (le centrali nucleari non possono essere ‘rallentate’ o fermate per seguire la curva dei consumi) e sottraggono risorse ad altre opzioni, quali efficienza/risparmio energetico e fonti rinnovabili, più convenienti, diffuse, modulari e disponibili in tempi brevi.
La scelta nucleare, contrariamente a quello che da molte parti si vuole far intendere, contribuisce assai poco a risolvere i problemi occupazionali, essendo la costruzione delle centrali elettronucleari il tipico investimento ad alta intensità di capitale e bassa intensità di manodopera.
Le centrali nucleari necessitano per funzionare di enormi e continue quantità di acqua, bene sempre più prezioso, che verrebbero sottratte a bisogni primari ben più importanti, pensiamo ad esempio all’agricoltura, oltre a causare inquinamento ambientale.
I problemi prioritari dell'occupazione non trovano alcuna soluzione con la semplice moltiplicazione dei consumi e con la produzione di grandi quantità di energia, che finirebbero invece per favorire solo lo spreco e lo sviluppo di industrie ad alto impiego di capitale e di energia per addetto.

Proponiamo:

Che le ipotesi di sviluppo del consumo di energia vengano rivedute, tenendo conto anche delle maggiori possibilità di occupazione offerte da una politica di risparmio dell'energia e dopo aver chiarito come, cosa si intende produrre e per chi.
Di iniziare una transizione dall'uso dei combustibili fossili a quello di altre fonti energetiche rinnovabili: eolica, geotermica, idroelettrica e, in particolare, solare nelle varie forme in cui può essere convertita: energia termica ed elettrica, combustibili artificiali, biomasse (nel pieno rispetto dell’uso prioritario dei suoli per la produzione alimentare).
Che si attivi un percorso di sensibilizzazione e formazione per tutti, a cominciare dagli studenti di tutte le scuole e da tutti i lavoratori per acquisire maggiore consapevolezza sulla delicata situazione in cui ci troviamo.
Che si avvii una programmazione volta al risparmio energetico e all’uso più efficiente dell’energia (si calcola che metà dei consumi energetici italiani sono in realtà sprechi derivanti da usi poco razionali ed inefficienti dell’energia).
Che si implementi lo sviluppo della ricerca scientifica per un largo e migliore incremento ed utilizzo delle Fonti di Energia Rinnovabili.
Che a livello regionale e poi nazionale si avviino campagne e programmi e azioni sull’occupazione anche dedicate alla riconversione occupazionale in ambito energetico verso lo sviluppo delle FER.


Facciamo appello alle Associazioni, alle Reti, ai Movimenti, ai Sindacati, ai Partiti, alle persone e a quanti concordino con queste considerazioni per promuovere un percorso di contrasto delle scelte e delle decisioni di ritorno al nucleare.

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